
Pripyat rappresenta un rilevante e, a mio avviso, sottovalutatissimo capitolo
all'interno della tragedia di Chernobyl in quanto la centrale nucleare sorge(va)
molto vicina alla città, a una distanza di
appena 3 Km. Per dirla tutta, Pripyat nacque come insediamento proprio per
ospitare la popolazione che lavorava, direttamente o indirettamente, presso la
centrale nucleare. Una vera e propria "città-satellite" molto più vicina
alla centrale, e quindi molto più funzionale, di quanto non fosse la stessa
città di Chernobyl. Ciononostante, Pripyat non è mai stata "famosa" e,
a ben guardare, non lo è neppure oggi: prima dell'incidente al reattore n°4
quasi nessuno, nel mondo, aveva mai sentito parlare di Pripyat e persino oggi
questo nome assume rilevanza solo per chi, interessandosi attivamente alla
dinamica degli eventi e al quadro locale del disastro, si sforza di reperire
informazioni in proposito.
Eppure la popolazione civile che venne colpita con maggiore rapidità e violenza
fu proprio quella residente a Pripyat: persone che vivevano e lavoravano in un
mondo non più ampio di qualche chilometro quadrato si ritrovarono, dall'oggi al
domani, senza più un lavoro, senza più una casa e senza più beni personali. Sì,
perchè da un lato i normali lavori presso la centrale furono, ovviamente, subito
sospesi e riadattati, nel migliore dei casi, per far fronte all'emergenza;
dall'altro, Pripyat fu evacuata per allontanare la gente dal pericolo delle
radiazioni incombenti, un rischio ufficialmente tenuto celato il più a lungo
possibile ma ben conosciuto fin da subito da "chi di dovere"; dall'altro
ancora, le operazioni di evacuazione furono condotte in modo quantomeno
"discutibile", facendo credere alla popolazione che entro pochi giorni
tutto sarebbe tornato alla normalità e minimizzando la portata dei rischi
associati al disastro.

La costruzione di Pripyat iniziò il 4 febbraio 1970 con
l'intento di creare un sito urbano in cui ospitare i lavoratori e i costruttori della
centrale nucleare (Nuclear Power Plant, NPP) di Chernobyl, distante circa tre chilometri
a sud-est, e le loro famiglie. La città apparteneva al distretto di Kiev (Kievskaya oblast)
dell'Ucraina ed è situata sulla riva destra del fiume Pripyat, che sfocia nel Dnieper.
Il territorio circostante è un'ampia porzione di terreno boscoso e paludoso che si estende
in tutto il sud-est della Bielorussia e nell'Ucraina settentrionale.
Forse non si direbbe ma le zone limitrofe sono ricche di siti archeologici e storici, che vanno
dall'età della pietra fino al tardo medioevo: in effetti, la città di Chernobyl
("Assenzio" in russo) ha una propria valenza storica e sorge da secoli. Sebbene Pripyat
sia nata come "atomograd" ("città per gli scienziati e i costruttori del
nucleare"), soluzione già consolidata nell'allora U.R.S.S., vi si insediarono ben presto
molte persone che non necessariamente lavoravano o avevano lavorato alla costruzione della
città o nell'ambito della centrale, incrementando così notevolmente la popolazione, complice
anche l'elevata qualità della vita a Pripyat, relativamente alta rispetto al resto dell'ex
Unione Sovietica.
Pripyat godeva di una posizione logistica favorevole grazie alla presenza del fiume Pripyat
e di un porto sviluppato, della stazione di Yanov, attiva e fruibile, e di una rete
autostradale che rendeva facili i trasferimenti. Nel novembre del 1985 la città contava
circa 47.500 cittadini appartenenti a 25 gruppi etnici. L'incremento annuo della popolazione
era superiore alle 1500 unità, metà delle quali erano bambini nati ai cittadini (il resto
coloni immigrati da varie parti dell'ex-Unione Sovietica). Le proiezioni demografiche
avevano individuato nelle 75.000 - 80.000 unità la popolazione stabile che la città avrebbe
potuto ospitare a tempo debito. Nel 1986, anno del disastro, Pripyat contava poco meno
di 50.000 abitanti.
Pripyat era a tutti gli effetti una città moderna e funzionale: soprannominata anche
"la città dei fiori", grazie alle numerose aiuole
fiorite che si trovavano sparse più o meno dappertutto, contava, fra l'altro, due ospedali (un policlinico
e una clinica pediatrica), un centro commerciale, un hotel (altri erano in fase di progettazione),
numerosi caffé (il caffè Pripyat era situato in prossimità della riva nella zona orientale)
e ristoranti, dormitori, cinema, teatro, un centro polifunzionale, adibito sia a centro culturale sia a
centro ricreativo, uno stadio, un centro polisportivo, una scuola di musica e
una piscina coperta, quest'ultima lasciata incredibilmente attiva fino al 2000 (più oltre
trovate due foto della piscina: una del 1996 e una del 2003) a servizio del personale che
continuava a lavorare presso la centrale, finché le attività della NPP vennero definitivamente bloccate.
Le strade ricevettero nomi tipici della cultura sovietica: ad esempio, Una delle
vie principali è stata dedicata a Lesya Ukrainka,
poeta ucraino del XIX secolo e, ironia della sorte, esisteva anche una strada dedicata
a Igor Kurchatov, il padre fondatore del programma
nucleare sovietico. Com'è possibile notare dalle foto satellitari, Pripyat fu concepita
come città "monocentrica": gli edifici amministrativi quali la "gorsovet"
("città del consiglio") e il "gorkom" ("città del comitato del Partito
comunista")
erano situati nella parte centrale insieme alle strutture ricreative e
culturali (es.: Centro di cultura "Energetik").
Pripyat è stata, sotto questo e sotto altri punti di vista, una sorta di laboratorio
di innovazioni architettoniche, divenute poi lo standard sovietico (basti pensare
che nell'ex-Unione sovietica esistono 19 centri di cultura analoghi all'"Energetik"
e 11 sale cinematografiche simili al cinema "Prometeo". Altri progetti, che si
contava di realizzare entro il 1988 a Pripyat, comprendevano due centri commerciali,
due complessi sportivi (il "Chernigov" e il "Pripyatian"), il "Pioneer
palace" (dedicato all'educazione dei figli e al tempo libero), un nuovo cinema bisala,
il "Giubileo palace" dedicato all'arte, un ulteriore hotel e una torre per trasmissioni
televisive alta 52 metri. Una delle caratteristiche più affascinanti, e allo stesso tempo
inquietanti, di Pripyat è quella di essere rimasta "come fu lasciata" dagli abitanti,
eccezion fatta per i già citati danni causati dallo sciacallaggio e dall'erosione del tempo.
Come ho accennato nell'introduzione, a seguito del disastro agli abitanti fu solo comunicato
che sarebbero andati via dalla città per un massimo di circa tre
settimane a causa di "un lieve incidente" verificatosi alla centrale nucleare.
La gente pensava quindi di far ritorno entro breve alle proprie abitazioni e, ingenuamente, non si
preoccupò neppure di fare bagagli particolarmente elaborati. Invece, nella maggior parte dei casi,
queste persone non fecero più ritorno alle proprie case, abbandonando quindi
"involontariamente" arredi, automobili, fotografie, elettrodomestici e altro ancora,
tutti beni che furono in parte depredati, ma in gran parte semplicemente lasciati nelle case,
considerate anche le radiazioni accumulate. E' il discorso cui ho accennato inizialmente: non
solo queste persone hanno perso la propria casa ma anche i propri beni. Solo ogni anno,
nell'anniversario della tragedia e nella ricorrenza del primo maggio, i residenti possono
tornare a visitare la città in cui vivevano.

Situata in Ucraina, vicino al confine nord bielorusso, circa 110 km a nord rispetto alla
capitale Kiev, Pripyat è oggi una vera e propria "città fantasma", ormai quasi
completamente abbandonata. La maggior parte delle strade è ancora praticabile ma, per
il disuso e l'assenza di manutenzione, la vegetazione cresce ormai direttamente dall'asfalto
e avvolge molte strutture e abitazioni; altre strade
sono state chiuse da blocchi di cemento di proposito, nel 1986, per impedire l'accesso e la
viabilità; veicoli militari dell'ex-Unione Sovietica giacciono in una sorta di discarica a
cielo aperto, a causa dell'elevato quantitativo di radiazioni assorbite. Il degrado strutturale
degli edifici e dell'area in cui sorge quel che resta di Pripyat non è tuttavia da attribuirsi
direttamente al disastro o all'influenza delle radiazioni; esso è semplicemente il riflesso
dell'abbandono quasi completo della città da parte
dell'uomo, cui sono seguiti numerosi fenomeni di sciacallaggio e la normale, e irreversibile,
erosione del tempo.
Il "quasi" è d'obbligo. I controlli di polizia e le normative vigenti in merito
parlano chiaro: per accedere all'area sono richiesti dei permessi speciali e per uscirne è
imposto a un "controllo" il cui eventuale esito negativo costringe a sottoporsi ad
un trattamento specifico contro le radiazioni: le disposizioni valgono sia per le persone
sia per i veicoli.
Ciononostante, vi sono ancora circa 400 persone che,
in un modo o in un altro, sono tornate nelle loro case e ancora vivono nell'area circostante
alla centrale. Sarebbero migliaia quelle che vivono a oggi all'interno della Zona.
Si cibano dei prodotti della terra, mangiano alimenti come verdura e funghi e bevono l'acqua
dei torrenti, tutte sostanze altamente contaminate e pericolose. Questo "inferno umano"
è d'altra parte diventato una specie di paradiso per gli animali e, come ho accennato, per
la vegetazione: non dovendo più interagire con gli uomini, la fauna può circolare liberamente,
occupando abitazioni e strutture abbandonate attraversando tranquillamente le strade cittadine.
Molte costruzioni non sono più strutturalmente sicure oppure hanno subito una dose troppo
alta di radiazioni per poter essere visitate.
Mentre è relativamente sicuro restare all'aria aperta, addentrarsi negli edifici può essere
davvero pericoloso, in particolare in quelli con le finestre affacciate sulla centrale ed
esposti quindi direttamente alle radiazioni; tutte le porte sono state lasciate aperte per
poter disperdere meglio le radiazioni ma questo invito implicito all'ingresso non sempre è
stato inteso nel modo più corretto.
ATTENZIONE: la città
di Pripyat ha bisogno del tuo aiuto!
Il sito internet Pripyat.com e il giornale "Literaturna Ukraina" hanno avviato
a partire dal 2006 una raccolta di firme per salvare la città di Pripyat. Seguendo
questo link ( ) sarà possibile
accedere al foglio elettronico da compilarsi
per partecipare alla raccolta delle firme. Per qualsiasi ulteriore informazione è possibile
fare riferimento all'indirizzo di posta elettronica
prometey@pripyat.com.
Tuttavia è oggi possibile visitare Pripyat, e tutta la zona evacuata, per circa un giorno
tramite visite guidate organizzate dal
sito web della città.
Il parco giochi sembra essere oggi una delle zone più
radioattive di Pripyat, essendosi trovato esposto direttamente verso la centrale e soprattutto
perché, il giorno del disastro, il vento portò lì le prime particelle radioattive
(sembra che la città vera e propria non sia stata investita direttamente dalle nubi di
cenere radioattiva!). Le nubi investirono invece direttamente la grande foresta
che si trovava proprio alle spalle del parco giochi stesso, i cui alberi morirono
quasi completamente in pochissimi giorni.
La foresta venne soprannominata la "Foresta rossa"
dagli abitanti del luogo, proprio a causa del cambiamento di colore degli alberi avvenuto
per effetto delle radiazioni. Gli abitanti parlarono anche di stranissimi funghi che vi
comparvero entro breve, anche se il fenomeno non è mai stato accertato ufficialmente.
Pripyat è oggi paragonabile ad una moderna Pompei, intatta e rimasta così com'era negli anni Ottanta.
Si calcola che le radiazioni rimarranno nell'area per circa 48.000 anni ma che gli uomini
potranno tornare ad occupare queste zone "già" tra circa 600 anni. Per adesso, la
città non è ancora considerata ufficialmente abbastanza "sicura" da essere abitata.
Ciononostante, come ho accennato, Pripyat è oggi una delle principali mete turistiche fra
i vari viaggi organizzati al fine di visitare la Zona e, sul Web, è presente moltissimo
materiale fotografico e multimediale raccolto proprio da persone che, provenienti da tutto
il mondo, hanno voluto vedere con i propri occhi la "città fantasma". Un'esperienza
singolare, un modo per toccare con mano gli ultimi momenti di una città che è stata
abbandonata all'apice della propria evoluzione. Un'apparente contraddizione in termini.

Nel primo capitolo di S.T.A.L.K.E.R., noto come
Shadow of Chernobyl,
Pripyat è una delle aree meglio realizzate sia graficamente sia concettualmente
e rappresenta senza dubbio un punto chiave nella trama principale. Raggiungere
Pripyat non è uno scherzo, neppure quando si arriva a disporre di un equipaggiamento
adeguato. I problemi seri cominciano già al momento di affrontare
la Foresta rossa: l'attraversa una
strada insidiosa, che si snoda dai Depositi militari verso nord-est, con innumerevoli
curve e altrettanti presidi militari cui si aggiungono le incursioni dei Monolith
(la fazione che sembra custodire i più intimi segreti della Centrale) e la minaccia
variabile, ma pur sempre incombente, di animali mutanti e radiazioni.
Giungere a Pripyat è, tuttavia, solo un minimo sforzo in proporzione a quel che ci
attende in città: essa è ormai zona di guerra e la situazione è complicata da diversi
fattori. Anzitutto, a Pripyat c'è il quartier generale
dei Molotith e i contingenti di questa Fazione
sono quindi molto numerosi quasi in ogni distretto, alimentati dal proprio fanatismo
pseudo-religioso e intenzionati a ostacolare l'avvicinamento di chiunque alla NPP;
in secondo luogo, con la disattivazione del Bruciacervella, Pripyat è diventata la
meta agognata di praticamente tutti gli stalker, quindi si verificheranno numerose
e ingenti incursioni da parte di quasi ogni fazione
(soprattutto Solitari, Freedom e Duty) e dovremo tener conto dei rapporti che abbiamo
con ciascuna di esse per evitare agguati improvvisi.
Inoltre non dobbiamo dimenticarci delle operazioni in corso da parte dei
Militari (i "soldatini", come li chiama il
primo contingente di stalker che ci dovrebbe aiutare a trovare la via verso la
centrale!), finalizzate a debellare la minaccia rappresentata dalle varie fazioni
di stalker in cerca di reperti e ricchezze e a mettere sotto controllo la Centrale.
Le vicende dei Militari assumono a questo punto rilevanza in "Call of Pripyat",
terzo capitolo della trilogia e sequel diretto di SoC nel futuro immediatamente successivo
allo spegnimento del Bruciacervella da parte dello stalker "Marchiato": ora la
strada verso Pripyat è accessibile e tutte le Fazioni si mobilitano per essere le prime
a conquistare artefatti e territori nelle porzioni più centrali della Zona.
La ricostruzione digitalizzata della città impressiona tanto per la desolazione e l'abbandono
che la contraddistinguono quanto per la fedeltà con cui è reso ogni minimo dettaglio strutturale.
Alcune visuali e angolazioni sono assolutamente identiche a quanto possiamo visionare attraverso le
fotografie più famose diffuse pubblicamente e reperibili anche sul Web: la ruota
panoramica è solo un esempio, forse il più incisivo, di come Pripyat in S.T.A.L.K.E.R. sia
una delle ambientazioni più accuratamente riprodotte, non solo per consentire al Giocatore di immergersi
completamente nell'atmosfera "maledetta" che permea l'intera vicenda ma anche per trasmettere
con realismo quello che Pripyat è oggi a causa di un "errore" di ieri.
Esistono anche altri esempi significativi, comunque: il
teatro di Pripyat, situato all'interno del centro
culturale "Energetik", è diventato il quartier generale dei Monolith e se
riusciremo ad avvicinarci abbastanza potremo vederli intenti a praticare i loro strani
rituali; lo stadio di Pripyat è
l'ultima area che dovremo attraversare per inoltrarci definitivamente verso la NPP di Chernobyl, operando
le nostre scelte fra l'appropriarci dei reperti sparsi sul terreno e il difenderci dalle minacce di mutanti e
Monolith;
l'Hotel Polyssia è stato
riprodotto in modo molto fedele e farà da sfondo ad alcune situazioni decisamente inquietanti,
considerata la guerriglia urbana imperante in città; il centro "Energetik",
che sorge(va) accanto all'Hotel, è raggiungibile da quest'ultimo attraverso la struttura ad arco orizzontale
ripresa dal complesso edile reale. Nel complesso, le aree di Pripyat più fedelmente riprodotte sono state proprio
la porzione centrale di Piazza Lenin, lo stadio, la ruota panoramica e la strada principale di accesso a Pripyat
da sud. Anche il resto degli edifici è molto realistico ma la loro disposizione non rispecchia la reale mappa della
città.
A questo proposito, la "fiction" che sta dietro la ricostruzione di Pripyat in
S.T.A.L.K.E.R. può saltare all'occhio conoscendo meglio i dettagli della
città: ad esempio, manca la scritta sul tetto dell'"Energetik", idealmente
sostituita da due date (1917, l'anno della Rivoluzione russa e 1986, l'anno del
disastro di Chernobyl) apposte a mo' di insegna sulla cima di un altro edificio. A parte questi dettagli,
mi risulta che anche altri videogiochi siano stati ambientati a Pripyat e ne abbiano offerto una
ricostruzione digitalizzata più che realistica ("Call of Duty 4" è il primo esempio che mi viene in
mente) ma quel che fa la differenza in Shadow of Chernobyl è il significato che Pripyat assume
all'interno dell'intera vicenda.
Come luogo geografico, come sito logistico, come zona del gioco, come
punto della trama, come area strategica, come simbolo storico-sociale, come spunto didattico-divulgativo
e come molto altro ancora. In Shadow of Chernobyl Pripyat non è "una" locazione; Pripyat
è "la" locazione, assumendo
forse ancor più rilevanza rispetto alla Centrale stessa, a seconda dei punti di vista.
In Shadow of Chernobyl, Pripyat sarà teatro di alcuni fra i più micidiali e violenti scontri a
fuoco che il "Marchiato" dovrà affrontare ed è l'ultima area prima di arrivare alla centrale di
Chernobyl.
Non avremo altre occasioni per poter tornare sui nostri passi e curarci o acquistare
equipaggiamento migliore: una volta oltrepassata lo stadio saremo costretti a proseguire senza poter più
tornare indietro. La maggior parte dei Megamod ha ovviato a questa limitazione, introducendo
il "free play" o stratagemmi analoghi che consentono non
solo di poter tornare dalla centrale alle porzioni più esterne della Zona
in qualsiasi momento ma addirittura di continuare a esplorare la Zona una volta svelato il segreto
custodito dalla Centrale e giunti al termine del gioco.
Pripyat è il classico luogo ideale per dar spazio a una guerriglia urbana senza quartiere,
in cui da qualsiasi finestra di qualsiasi edificio potrebbe essere in agguato un dannatissimo
cecchino, tanto per fare un singolo esempio, magari armato con
un fucile gaussiano. Conviene quindi procedere di riparo in riparo, evitando gli spazi aperti e
sperando di avere abbastanza granate da setacciare ogni "buco" che troveremo.
Vale al pena sottolineare anche la quantità di zone altamente radioattive presenti a
Pripyat, oltre a numerose anomalie sparse all'aperto.
La tipica espansione a "macchia di leopardo"
delle radiazioni non consente previsioni anticipate, quindi l'unica mossa vincente per tutelarci
da un'indesiderata ed eccessiva esposizione è munirci di un sufficiente numero di
kit-antiradiazione: alcuni li troveremo direttamente a Pripyat,
fra cadaveri e nascondigli, ma è bene esserne adeguatamente provvisti fin da subito.
La scelta dell'armatura dipende da considerazioni puramente
personali e da quanti/quali reperti abbiamo a disposizione per controbilanciarne i difetti:
una tuta ad alto contenimento ambientale avrà sicuramente i suoi vantaggi ma i
proiettili dei Monolith (e non solo loro...) richiedono placche in kevlar spesse e pesanti.
Per quanto riguarda le armi, un solo suggerimento: portatevi
dietro un buon fucile da cecchino!
Dettagli sulla riproduzione di Pripyat
Nel primo capitolo,
Shadow of Chernobyl (SoC), ci è proposta, seppure rimaneggiata e riadattata, la
zona centrale di Pripyat, riprodotta da sud a nord attraverso Viale Lenin,
la larga strada che conduce dall'ingresso meridionale fino alla piazza centrale;
Piazza Lenin, sulla quale si affacciano
l'Hotel Polyssa, il centro culturale
Energetik e
l'edificio che ospitava il ristorante; l'area del parco giochi,
con la ruota panoramica e le giostre per bambini;
lo stadio, con spalti, tribune e quel che resta del campo sportivo. Chiaramente,
l'accesso da Pripyat alla centrale nucleare attraverso la porzione settentrionale dello stadio è un espediente
creato da GSC per adattare la geografia della Zona alle esigenze del videogioco: in realtà la centrale è situata
a sud-est di Pripyat.
Nel sequel
Call of Pripyat (CoP), terzo capitolo della serie, ci è proposta l'area
sud-orientale di Pripyat.
La riproduzione complessiva è ancor più fedele rispetto a quanto visto in SoC ma,
anche in questo caso, la pianta della città è stata qua e là riadattata alle esigenze del videogioco.
La mappa si estende, come nella realtà, ai lati di Via Amicizia del Popolo,
con locazioni quali
uno dei dormitori, la lavanderia pubblica, l'area del
porto col caffè Pripyat,
il cinema Prometeo con la scuola di
musica attigua, parte del complesso ospedaliero,
la scuola media n° 1, l'asilo n°
2, il grande magazzino, la
libreria nei prezzi dei dormitori.
Il centro servizi Jubileiny merita qualche considerazione a parte:
è stato riprodotto molto fedelmente ma, in realtà, esso era situato a nordovest rispetto a Piazza
Lenin, proprio all'incrocio fra Via Lazareva e Via Sportivnaya. Dove in CoP è ubicato il centro
Jubileiny c'era, invece, un altro asilo.
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